mercoledì, gennaio 30, 2008
Napolitano sceglie Marini. C.V.D.
Napolitano aveva la possibilità di smentire ciò che dico da sempre, e cioè che è stato piazzato lì con un atto di arroganza politica solo per ritardare il più possibile le elezioni. Bene. Napolitano ha gettato questa possibilità e ha confermato il suo basso profilo in quanto a carisma e la sua mai pervenuta imparzialità nel ricoprire il ruolo istituzionale più delicato del nostro Paese.
Napolitano, da buon mezzoPresidente, ha infatti negato il sacrosanto diritto del popolo italiano di tornare alle urne, dopo che Prodi è stato sfiduciato, ed ha anzi assegnato al sempreverde Marini l'incarico di sondare i terreni parlamentari per formare un nuovo governo. Obiettivo ufficiale del nuovo esecutivo: "legge elettorale e questioni urgenti". Obiettivo reale del nuovo esecutivo: perdere tempo e far dimenticare agli italiani i disastri dell'armata prodiana.
Non mi si venga a parlare di responsabilità: all'indomani del voto, con l'Italia spaccata in due e una situazione non per deboli di cuore al Senato, Berlusconi aveva invitato Prodi ad una grande coalizione. Purtroppo fu sprezzante il rifiuto della Sinistra ai tempi (nonostante il faccione di Mortadella in campagna elettorale avesse promesso larghe intese in caso di risultato incerto).
Bene caro Walter-ego: quello era il momento della responsabilità e dell'amore per l'Italia.
Ora, Costituzione e legge alla mano, dovrebbe essere il tempo delle elezioni, perchè l'esecutivo è crollato su un voto di fiducia, perchè dalle consultazioni non sono emerse alternative numeriche al Senato e soprattutto perchè la legge con cui i cittadini hanno votato ha fatto indicare loro il nome del premier, e quindi caduto Prodi non c'è spazio legale alcuno per magheggi nè per fantocci. Quello di Marini, se nascerà, sarà un esecutivo letteralmente antidemocratico!
Alla luce di ciò Napolitano è in torto marcio. E Veltroni si appella ad un senso di bene comune che i personaggi alle sue spalle (Finocchiaro, Chiti, Visco, ecc.) hanno coriandolizzato per i quasi due anni di governo: mi dispiace per lui, ma se non vuole essere ipocrita, deve unire alle sue mielose parole un'epurazione totale dei quadri dirigenti del PD.
Gli stessi che con Prodi hanno infangato l'Italia.
Old Whig
Il Sole splende su McCain!
John McCain si è aggiudicato l'importante vittoria in Florida, conquistando così ben 57 delegati.
L'eroe del Vietnam ha infatti battuto di poco il flip-flopper mormone Romney e soprattutto ha costretto alla resa un umiliato Giuliani.
Proprio il terzo posto dell'ex sindaco di NY, spendaccione poco fortunato nello stato del Sole, è la vera sorpresa (anche se già da due settimane i sondaggi lo davano in caduta libera). Ora l'italoamericano che insegue le bizze gay, insegue affannosamente anche la fuga dei rivali: questo voto doveva farlo balzare tra i primi posti, e invece si è rivelato un disastro. Forse addirittura una pietra tombale, se verranno confermate le voci di un suo imminente ritiro.
Giuliani potrebbe decidere di appoggiare proprio McCain, che nel frattempo si gode la vittoria e pianifica la prossima mossa: conquistare la California.
Io sogno sempre un ticket McCain-Huckabee. Ma la risposta a questo ed ad altri interrogativi arriverà dopo il voto del supermartedì 5 febbraio.
Il bellissimo ed imprevedibile spettacolo delle primarie continua.
Old Whig
martedì, gennaio 29, 2008
I nostri media continuano a ritenere poco interessante la drammatica situazione del Kenya.
E mentre noi siamo distratti da altro, ci informiamo poco e preferiamo non sapere, dietro le spiagge dove molti italiani hanno passato le vacane natalizie si stanno consumando stragi e violenze di ogni genere: una guerra tra poveri, che è nata da elezioni contestate, ma soprattutto da odi etnici profondi.
I primi a cercare di mediare erano stati gli USA, ora ci sta provando Kofi Annan. Senza risultati tangibili.
Si affaccia all'orizzonte l'ipotesi terribile che il Kenya non sia inciampato in una parentesi, ma stia invece precipitando nello stesso baratro senza fondo che già inghiotte la maggior parte dei Paesi africani.
Spero che ognuno di noi credenti possa trovare un momento per pregare, affinchè questi nostri fratelli, con l'aiuto di Dio, ritrovino la Pace, soprattutto scoprendo la forza del perdono.
Old Whig
In queste ora la Florida sta votando per le primarie del partito Repubblicano.
Purtroppo Huckabee è tagliato fuori (al terzo posto nei sondaggi), anche a causa dei pochi fondi a disposizione.
E mentre sembra sempre più fallimentare la tattica di Giuliani (in caduta libera nello stato in cui ha speso di più), la vera sfida pare quella tra Romney e McCain, vicinissimi secondo i sondaggi.
Le ultimissime schermaglie tra i due non hanno poi molto senso, visto che la maggior parte dei voti, per corrispondenza, sono stati già spediti da una settimana.
In palio ci sono 57 delegati, ma una vittoria qui sarebbe preziosa soprattutto come spinta in vista del supermartedì del 5 febbraio.
Old Whig
domenica, gennaio 27, 2008
PRIMARIE USA: OBAMA VINCE ANCORA.
Aveva iniziato con una grande vittoria, in Iowa; poi Billary aveva sfoderato le lacrime e strappato una paio di stati; ora, Obama torna a stracciare la rivale conquistando la South Carolina grazie ad una cifra impressionante di preferenze (il 55% dei voti!) e si rilancia nella corsa alla nomination dei Democratici.
Certo, in questo stato la comunità degli afroamericani ha fatto la differenza, ma il distacco dall'ex first lady (ferma al 27%) è comunque importante; inoltre bisogna registrare la delusione del terzo incomodo John Edwards, che giocando in casa è agli occhi di molti il vero sconfitto e probabilmente chiude qui la sua avventura.
La forza di Obama sembra essere, oltre alla parola chiave "cambiamento", anche un lampante successo presso l'elettorato giovane. La nomination però dovrà passare per un ulteriore allargamento di questa base: il senatore dell'Illinois infatti punta a conquistare una maggior fetta di elettorato bianco (quello ispanico invece è già inattaccabile bottino di voti per Billary).
Si avvicina dunque il famoso 5 febbraio, il martedì che, con il voto in moltissimi stati contemporaneamente, segnerà la svolta e consegnerà sia ai Democratici sia ai Repubblicani un vincitore.
Se nel partito dell'asinello lo scontro pare ormai ridursi definitivamente ad un testa a testa tra Obama e Billary, le truppe dell'elefante sono invece meno serrate e i possibili vincitori sono ancora quattro: Huckabee, Romney, McCain e Giuliani (la vera incognita, che ha puntato tutto sulla Florida, ma ora si vede superato nei sondaggi sia dal mormone sia dall'eroe del Vietnam).
Lo spettacolo di democrazia continua.
Old Whig
giovedì, gennaio 24, 2008
mercoledì, gennaio 23, 2008
Il dovere di giudicare e ricordare gli orrori di ogni civiltà. (Maya compresi)
L'ennesimo colpo alla follia del relativismo culturale viene ancora una volta dai dati storici. Le ultime indagini archeologiche confermano, è notizia di questa settimana, che tra i Maya i sacrifici di massa eistevano eccome ed erano praticati ogni volta che si presentava la necessità di precipitazioni o di raccolti più abbondanti. Le vittime erano principalmente bambini e giovani maschi.
La storiella della civiltà millenaria ed intrinsecamente buona spazzata via dagli europei cattivi è, per chi vuole informarsi ed aprire gli occhi, definitivamente da abbandonare. I racconti dei conquistadores spagnoli vengono progressivamente confermati dagli studi sulle piramidi, dalla traduzione delle incisioni e dai ritrovamenti archeologici.
Del resto già nel 2003 uno dei più grandi storici delle civiltà precolombiane, l'antropologo David Stuart (dell'Università di Harvard), aveva spiegato in un articolo intitolato "L'ideologia del sacrificio tra i Maya" che questo popolo aveva sviluppato forme di atroci crimini culturali di massa.
Altro che relativismo....Altro che idiozie come quelle che sentiamo ripetere ogni giorno: "ognuno fa quel che vuole, ogni cultura è bella di per sè, nessuno può giudicare..."
Cari relativisti dei miei stivali: andatelo a raccontare ai cadaveri col cuore strappato e la testa mozzata!
La verità è che noi abbiamo il dovere di giudicare e di ricordare i crimini e gli errori del passato. Sia i nostri sia quelli degli altri.
Old Whig
Primarie USA...
La notizia era nell'aria ed è diventata realtà ieri sera: Fred Thompson abbandona la corsa alla Casa Bianca. La vecchia stella di Hollywood, che era certamente tra i miei candidati preferiti, aveva dato segni di ripresa negli ultimi test delle primarie, ma gli schiaffi dei primi stati erano evidentemente troppo forti per proseguire.
Ora la speranza è che Huckabee rafforzi la sua posizione, e magari pure McCain. Tra i Democratici invece, continuo a fare il tifo per Obama, l'unico in grado di contrastare l'odiosa Billary.
Lo spettacolo di democrazia continua.
Old Whig
lunedì, gennaio 21, 2008
venerdì, gennaio 18, 2008
POESIA
"Non leggiamo e scriviamo poesie perchè è carino.
Noi leggiamo e scriviamo poesie, perchè siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione.
Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore: sono queste le cose che ci tengono in vita!
Citando Walt Whitman:
O me, o vita!
domande come queste mi perseguitano:
infiniti cortei d'infedeli, città gremite di stolti.
Che v'è di nuovo in tutto questo?
O me, o vita!
Risposta:
Che tu sei qui!
Che la Vita esiste!
E l'identità!
Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.
Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso!
Quale sarà il tuo verso?"
Professor Keating, aka Robin Williams, nel film "L'attimo fuggente".
giovedì, gennaio 17, 2008
Università italiane: isole di pensiero unico della sinistra.
"Una volta, fin da quando nacquero nel Medio Evo, il principio era che le Universitas fossero dei luoghi franchi, dove la libertà di discutere era tutelata perfino quando erano al potere i regimi più oscurantisti e tirannici. Per questo, tuttora il professore universitario non è soggetto neanche a vincoli di programma. Per questo, suscitò e suscita ancora tanto scandalo la decisione del fascismo di imporre un giuramento di fedeltà al regime. Per questo, in moltissimi Paesi la polizia non ha diritto di accesso alle università. Per questo, ci sono stati numerosi casi in cui il voto degli organismi universitari è rimasto l’unico libero e pluralista in situazioni di regime militare, occupazione straniera o partito unico. Insomma, una franchigia di extraterritorialità: del pensiero e della coscienza.
Anche la Sapienza è da almeno trentuno anni in situazione di extraterritorialità. Ma, ormai, rispetto a un Paese pluralista, dove è considerato normale che chiunque vada in qualsiasi sede a fare discorsi di qualsiasi tipo senza che nessuno provi a impedirlo. Un'isola di pensiero unico gruppettaro, che si passa di generazione in generazione le consegne per mantenere il clima di intimidazione. Non solo la Sapienza d’altronde. A rappresentanti dell’Ambasciata israeliana, ad esempio, è stato impedito di parlare nell’ottobre del 2004 all’Università di Pisa, nel febbraio 2005 in quella di Firenze, nell’aprile del 2005 in quella di Torino."
Maurizio Stefanini
mercoledì, gennaio 16, 2008
Che vergogna!
Ha vinto l'ignoranza, ha vinto l'intolleranza: ha vinto il laicismo. Papa Benedetto XVI è stato costretto, dopo manifestazioni, occupazioni ed incivili minacce, ad annullare la sua visita alla Sapienza di Roma. I caproni della sinistra, gli studenti dalla canna facile, i buzzurri, i marxisti hanno posto la parola fine sulla libertà di parola in Italia, perchè se nemmeo l'università, luogo simbolo dello scambio di idee e del dialogo, si salva dal nulla culturale e spirituale, allora davvero siamo alla frutta, come nazione e come democrazia.
Ciò che più mi colpisce è l'arroganza di un attacco tutto ideologico, tutto oscurantista: non avendo argomenti per attaccare il Pontefice, i 67 professori capi della rivolta hanno letteralmente FALSIFICATO una sua vecchia conferenza, accusandolo di essere d'accordo con P. Feyerabend, filosofo che aveva difeso il processo a Galileo, quando al contrario l'allora Cardinal Ratzinger lo aveva semplicemente citato per poi immediatamente prenderne le distanze e addirittura confutarlo! L'evidenza della menzogna operata da questi professori è dunque sotto gli occhi di tutti. Così come sotto gli occhi di tutti è il clima di odio antireligioso, del tutto gratuito, che attraversa l'Europa, arrivando a minare gli stessi concetti di libertà e dialogo di cui essa si bea.
Com'è lontana l'America, dove perfino il grande nemico Ahmadinejad è stato invitato a discutere alla Columbia University, e l'ha potuto fare di fronte a studenti in evidente disaccordo, ma comunque educati, civili e rispettosi dell'opinione altrui, anche della più strampalata ed inaccettabile.
L'Università serve ad ascoltare e dialogare; le trincee e le battaglie dovrebbero avvenire in altri luoghi.
Qualcuno in Italia l'ha dimenticato.
E la colpa non è solo dei talebani laicisti a senso unico (sì, a senso unico, visti i personaggi criminali che quotidianamente vengono ospitati nei nostri atenei, senza che nessuno abbia nulla da ridire!); ma è anche e soprattutto di quella maggioranza di professori che, pur non firmando la lettera della vergogna, pur non partecipando all'azione mafiosa di incerottamento della bocca del Papa, hanno comunque lasciato fare, non hanno reagito: sono stati dei codardi.
E chissà cosa direbbe una paladina della Libertà e una che si è sempre ribellata alle prepotenze, Oriana Fallaci, se fosse ancora tra noi.
Quanto è lontana l'America. Quanto è lontana la libertà.
Affoghiamo nella vergogna.
Old Whig
martedì, gennaio 15, 2008
Prodi vs Veltroni
Nella maggoranza è scoppiata la (ennesima) rissa. Il tema questa volta è quello della legge elettorale e il dato interessante non è tanto quello del disordine, dei ranghi sparsi, delle dichiarazioni velenose, ma piuttosto quello dello scontro, ormai palese, tra Prodi e Veltroni.
Quest'ultimo, neo"eletto" segretario del PD, non vede l'ora di archiviare la questione per poi affondare il governo: sa che con Berlusconi e Bertinotti dalla sua potrà fare sia l'una sia l'altra cosa. E forza la mano, definendo come condizione indispensabile "la riduzione della frammentazione politica".
Il Presidente del Consiglio, al contrario, vuole rinviare la legge elettorale a tempo indeterminato e resistere il più possibile col sedere attaccato alla poltrona; quindi tesse alleanze con i puffi del Parlamento (Udeur, Coministi italiani, Italia dei Valori, ecc.) e con gli antiveltroniani come D'Alema e Bindi.
Accade così che mentre Fini (nonostante qualche ultimatum) veste i panni dell'oggetto misterioso, Casini si dimena in mille incontri ed approfitta delle difficoltà di entrambi i poli per spingere il modello in discussione sempre più verso quello tedesco a lui caro.
L'asse Berlusconi-Veltroni-Bertinotti non è il vero motivo della fronda scoppiata nel Centrosinistra; il centro della questione è invece proprio il 5% di sbarramento contenuto nella "bozza Bianco": i piccoli e piccolissimi si vedono di fronte alla morte politica e sfruttano il loro misero eppur decisivo peso per bloccare tutto, trovando inattesa sponda appunto in Romano Prodi, che è ben felice di rovinare i piani dell'"amico" Walter.
Siamo di fronte ad uno dei più disgustosi valzer della nostra politica, durante il quale stanno emergendo tutti gli interessi e le bassezze dei nostri rappresentanti. Lo scandalo è che nessuno grida allo scandalo: i gornalisti raccontano freddamente questo triste spettacolo di sciacalli, pronti a tradirsi o ad allearsi col peggior nemico pur di ritagliarsi uno spazio di esistenza pubblica.
E intanto Napoli affonda nella merda, la pressione fiscale è la più alta mai registrata, l'Italia scompare da qualsiasi tavolo internazionale e...Prodi ride.
Old Whig
domenica, gennaio 13, 2008
Il quotidiano on-line "l'Occidentale" ha pubblicato oggi un mio articolo sul fondatore del pensiero conservatore liberale: Edmund Burke.
Vi invito a leggerlo e a farmi sapere cosa ne pensate.
Old Whig
venerdì, gennaio 11, 2008
Il ribaltamento totale della realtà è ciò di cui noi europei, ed italiani in particolare, siamo vittime ogni giorno, regolarmente, a causa di una cappa mediatico-culturale, che nulla lascia filtrare di quanto potrebbe intaccare i suoi luoghi comuni, a partire dallo stereotipo dell'imperialismo americano.
Così nessuno sta parlando della lenta ma progressiva pacificazione dell'Iraq, della ripresa delle sue attività economiche, del ritorno di molte famiglie nella capitale, del calo impressionante di morti violente, dei primi timidi ma storici passi della democrazia.
Niente da fare: Bush resta il cattivo e sulle sue scelte giuste, come la nuova strategia del "surge" e la nomina di Petraeus, nessuno deve informare.
E senza nessun pudore, gli stessi sinistroidi pacifinti che fanno la morale agli USA rivolgono continui favori giornalistici e lodi politiche al comunista Chavez, grande amico di Fidel, abile civettatore con gli intellettualoidi rossi di casa nostra. Così, mentre ribadiscono che Bush è male mentre Chavez in fondo è un dittatore ragionevole, "casualmente" tralasciano nel dimenticatoio una notizia scomoda: in Venezuela vengono uccise più persone che in Iraq, addirittura il doppio!
Nessuna manifestazione in piazza per loro, nessun corteo di no-global, nessun editoriale scandalizzato sui giornali spazzatura dei marxisti mai pentiti: per D'Alema ci sono equidistanze ed equidistanze, per Diliberto ci sono morti e morti, per Gino Strada ci sono guerre e guerre.
Eh no: una notizia del genere non la sentiremo mai sparata in apertura di tg.
Disturberebbe. Il ribaltamento.
Old Whig
giovedì, gennaio 10, 2008
L'avidità seppellita da una risata...
Di fronte ad una notizia così assurda, di solito ci si chiede se ridere o piangere.
I vizi e gli egoismi dell'uomo a volte si spingono ad un tale grado di assurdità da risultare tragicomici.
Avevo già sentito al tg parecchi casi vagamente simili accaduti in Italia, ma arrivare a portarsi a spasso il morto...!
Di fronte ad una notizia così assurda, di solito ci si chiede se ridere o piangere.
I vizi e gli egoismi dell'uomo a volte si spingono ad un tale grado di assurdità da risultare tragicomici.
Avevo già sentito al tg parecchi casi vagamente simili accaduti in Italia, ma arrivare a portarsi a spasso il morto...!
Old Whig
mercoledì, gennaio 09, 2008
Il New Hampshire smentisce l'Iowa.
"Più spettacolare della Notte degli Oscar, la Notte del New Hampshire ha offerto un testa a testa Obama-Clinton emozionante, che ha tenuto con il fiato sospeso gli americani e scompaginato le scalette dei commentatori televisivi già pronti a celebrare (i sondaggi erano inequivocabili) il secondo trionfo del senatore dell’Illinois."
Con queste parole Alessandro Gisotti, dell'Occidentale, descrive le ore concitate del voto in New Hampshire, che per quanto riguarda i Democratici hanno sbugiardato i sondaggi ed assegnato per soli due punti percentuali la vittoria ad Hillary Clinton, che così riacchiappa subito il suo rivale di partito Obama.
Momentum non decisivo nemmeno per Huckabee, il vincitore repubblicano dell'Iowa, che finisce al terzo posto dietro Romney, mentre la vittoria va al sempreverde senatore dell'Arizona John McCain, il neocon di ferro.
Prossima tappa South Carolina, il 19 gennaio. Tra i Repubblicani sarà uno scontro frontale tra chi è arrivato primo in Iowa, Huckabee, e chi in New Hampshire, McCain. Tra i Democratici sarà l'ultima possibilità per Edwards, che gioca in casa.
Questo bellissimo spettacolo di democrazia, partecipazione, libertà, tradizione ed efficienza continua.
Old Whig
lunedì, gennaio 07, 2008
Perché la presenza Usa nel Golfo rende il mondo più sicuro.
di Walter Russel Mead
Oggi, gli Stati Uniti stanno costruendo una coalizione contro la pretesa di domino iraniano nel Golfo. Israele, una nazione che ha ragioni proprie per opporsi all'Iran, rimane una componente importante nella strategia americana, ma allo stesso tempo Washington deve anche fare i conti con i costi politici di questa relazione quando dialoga con gli stati arabo-sunniti. L'opposizione americana al programma nucleare iraniano, ad esempio, non riflette solamente le preoccupazioni riguardo alla sicurezza israeliana e la possibilità che l'Iran possa rifornire gruppi terroristi di materiale nucleare. Riflette anche l'interesse americano nel proteggere la sua abilità di mandare, volendo, l'esercito regolare nel Golfo.
La fine della possibilità di difendere il Golfo e le tratte commerciali attorno ad esso da parte dell'America, sarebbe enormemente dannosa e non solo per noi americani. Il budget di difesa di ogni superpotenza crescerebbe drammaticamente e la politica mediorientale ne uscirebbe ulteriormente destabilizzata, perché ogni nazione a quel punto cercherebbe di aumentare la propria influenza politica nell’area per assicurarsi un accesso al petrolio in uno scenario di “tutti contro tutti”.
Il potenziale di conflitto e caos è reale. Un mondo fatto di superpotenze insicure e sospettose, impegnate in competizioni militari su interessi vitali non sarebbe certo un posto felice e sicuro. Ogni nave da guerra che la Cina dovesse costruire per proteggere il crescente numero di petroliere necessario a trasportare il greggio dal Medio Oriente negli anni a venire, rappresenterebbe allo stesso tempo una minaccia per la sicurezza delle risorse petrolifere del Giappone, così come di quelle dell'India e di Taiwan. La stessa cooperazione politica europea ne uscirebbe probabilmente danneggiata visto che i vari paesi cercherebbero di fare i migliori affari possibili con la Russia, gli stati del Golfo e altri paesi confinanti ricchi di petrolio, come l'Algeria.
di Walter Russel Mead
Ci sono poche cose più importanti del petrolio, del Golfo Persico e della politica estera americana. Ma è anche vero che pochi argomenti sono così mal compresi. Infatti, anche un osservatore abbastanza acuto, attribuirebbe l'interesse americano nel Golfo Persico all'insaziabile sete di greggio, combinata con il tentativo di guadagnare lucrosi contratti per le compagnie petrolifere a stelle e strisce. Secondo questo punto di vista, gli Usa sarebbero una specie di Conte Dracula globale, che scandaglia il pianeta in cerca di corpi freschi, sperando di poterli prosciugare del loro prezioso sangue.
Certo, è vero: la sicurezza delle forniture petrolifere americane sono un elemento del pensiero strategico nazionale dall’incontro tra Franklin Delano Roosevelt e il re saudita Abdul Aziz alla fine della seconda guerra mondiale. È anche vero che il governo statunitense non è mai stato indifferente nei confronti dei più grandi affari petroliferi.
Certo, è vero: la sicurezza delle forniture petrolifere americane sono un elemento del pensiero strategico nazionale dall’incontro tra Franklin Delano Roosevelt e il re saudita Abdul Aziz alla fine della seconda guerra mondiale. È anche vero che il governo statunitense non è mai stato indifferente nei confronti dei più grandi affari petroliferi.
Ma la sicurezza delle forniture energetiche domestiche gioca in realtà un ruolo di secondo piano nel contesto della politica americana nel Golfo Persico, e gli interessi puramente commerciali delle compagnie americane non guidano certo la nostra strategia politica generale.
Gli Usa ad oggi dipendono solo in piccola parte dal Medio Oriente per quanto riguarda le forniture energetiche. L'America è ancora il terzo paese del mondo per produzione di petrolio nonché detentore di grandi miniere di carbone, ed è molto meno dipendente da fonti energetiche straniere delle altre grandi economie. Le importazioni ammontano al 35% del consumo energetico nazionale contro il 56% dell'Unione Europea e l'80% del Giappone. Circa la metà del petrolio e di tutto il gas naturale importato dagli Usa arriva dall'emisfero occidentale, e l'Africa sub-sahariana provvede per la quasi totalità di tale bilancio. Soltanto il 17% delle importazioni di petrolio e meno dello 0.5% del nostro gas naturale arriva dal Golfo Persico; l'80% delle importazioni giapponesi, invece, provengono dal Golfo e, per il 2015, il 70% del petrolio della Cina arriverà dalla stessa fonte.
Mentre le importazioni di greggio degli Usa dovrebbero crescere in maniera significativa, la dipendenza del nostro paese dal Golfo Persico non dovrebbe crescere altrettanto e questo grazie ai previsti incrementi di produzione di petrolio nell'emisfero occidentale e nell'Africa sub-sahariana. Le importazioni energetiche americane dal Golfo dovrebbero rimanere al di sotto del 20% del consumo nazionale totale. È chiaro che, essendo il mercato del petrolio globale, se succedesse qualcosa alle forniture mediorientali, i prezzi crescerebbero di conseguenza in tutto il mondo e l'economia statunitense ne uscirebbe seriamente danneggiata. Ma il consumo energetico domestico non è comunque la chiave per capire gli interessi americani nel Golfo.
Nel corso degli ultimi secoli si è andato lentamente formando un sistema politico ed economico globale sotto l'egida britannica prima e americana poi. Come elemento essenziale del sistema, il potere globale dominante – con l'aiuto degli alleati e di altri gruppi politici – vigila sulla sicurezza del mercato mondiale nei mari e nei cieli, mentre assicura che le transazioni economiche internazionali avvengano in maniera ordinaria e senza intoppi. Grazie alla protezione americana, la Germania, il Giappone, la Cina, la Corea e l'India possono permettersi di non utilizzare la forza militare e di non mandare le loro forze armate in Medio Oriente per difendere l'accesso alle risorse energetiche. Oltretutto, questi paesi non sono nemmeno obbligati a difendere le loro navi cargo di petrolio o gas liquido con l’impiego della marina militare.
Affinché questo sistema funzioni, gli americani devono impedire a qualsiasi potere di dominare il Golfo Persico e allo stesso tempo mantenere la loro capacità di proteggere il passaggio di navi nelle sue acque. In quest'ottica, i sovietici dovevano essere tagliati fuori dal Golfo durante la guerra fredda, e la sicurezza e l’indipendenza degli sceiccati del petrolio dovevano essere protette dall'ambizione di capi di Stato arabi come l'egiziano Gamal Abdel Nasser e l'iracheno Saddam Hussein. Durante la guerra fredda, ad esempio, gli americani hanno formato alleanze con la Turchia, Israele e (fino al 1979) con l'Iran, tre stati non-arabi che avevano i loro buoni motivi per opporsi sia ai sovietici che ad altri Stato pan-arabisti.
Quando, però, la caduta dello Scia iraniano ha trasformato un alleato regionale di primo piano in un implacabile nemico, gli Usa hanno risposto stringendo alleanze ancora più strette sia con Israele che con la Turchia – mentre sviluppavano una relazione più profonda con l'Egitto, che nel frattempo aveva rinunciato all’obiettivo politico di Nasser di riunire tutte le nazioni arabe sotto la sua bandiera.
Gli Usa ad oggi dipendono solo in piccola parte dal Medio Oriente per quanto riguarda le forniture energetiche. L'America è ancora il terzo paese del mondo per produzione di petrolio nonché detentore di grandi miniere di carbone, ed è molto meno dipendente da fonti energetiche straniere delle altre grandi economie. Le importazioni ammontano al 35% del consumo energetico nazionale contro il 56% dell'Unione Europea e l'80% del Giappone. Circa la metà del petrolio e di tutto il gas naturale importato dagli Usa arriva dall'emisfero occidentale, e l'Africa sub-sahariana provvede per la quasi totalità di tale bilancio. Soltanto il 17% delle importazioni di petrolio e meno dello 0.5% del nostro gas naturale arriva dal Golfo Persico; l'80% delle importazioni giapponesi, invece, provengono dal Golfo e, per il 2015, il 70% del petrolio della Cina arriverà dalla stessa fonte.
Mentre le importazioni di greggio degli Usa dovrebbero crescere in maniera significativa, la dipendenza del nostro paese dal Golfo Persico non dovrebbe crescere altrettanto e questo grazie ai previsti incrementi di produzione di petrolio nell'emisfero occidentale e nell'Africa sub-sahariana. Le importazioni energetiche americane dal Golfo dovrebbero rimanere al di sotto del 20% del consumo nazionale totale. È chiaro che, essendo il mercato del petrolio globale, se succedesse qualcosa alle forniture mediorientali, i prezzi crescerebbero di conseguenza in tutto il mondo e l'economia statunitense ne uscirebbe seriamente danneggiata. Ma il consumo energetico domestico non è comunque la chiave per capire gli interessi americani nel Golfo.
Nel corso degli ultimi secoli si è andato lentamente formando un sistema politico ed economico globale sotto l'egida britannica prima e americana poi. Come elemento essenziale del sistema, il potere globale dominante – con l'aiuto degli alleati e di altri gruppi politici – vigila sulla sicurezza del mercato mondiale nei mari e nei cieli, mentre assicura che le transazioni economiche internazionali avvengano in maniera ordinaria e senza intoppi. Grazie alla protezione americana, la Germania, il Giappone, la Cina, la Corea e l'India possono permettersi di non utilizzare la forza militare e di non mandare le loro forze armate in Medio Oriente per difendere l'accesso alle risorse energetiche. Oltretutto, questi paesi non sono nemmeno obbligati a difendere le loro navi cargo di petrolio o gas liquido con l’impiego della marina militare.
Affinché questo sistema funzioni, gli americani devono impedire a qualsiasi potere di dominare il Golfo Persico e allo stesso tempo mantenere la loro capacità di proteggere il passaggio di navi nelle sue acque. In quest'ottica, i sovietici dovevano essere tagliati fuori dal Golfo durante la guerra fredda, e la sicurezza e l’indipendenza degli sceiccati del petrolio dovevano essere protette dall'ambizione di capi di Stato arabi come l'egiziano Gamal Abdel Nasser e l'iracheno Saddam Hussein. Durante la guerra fredda, ad esempio, gli americani hanno formato alleanze con la Turchia, Israele e (fino al 1979) con l'Iran, tre stati non-arabi che avevano i loro buoni motivi per opporsi sia ai sovietici che ad altri Stato pan-arabisti.
Quando, però, la caduta dello Scia iraniano ha trasformato un alleato regionale di primo piano in un implacabile nemico, gli Usa hanno risposto stringendo alleanze ancora più strette sia con Israele che con la Turchia – mentre sviluppavano una relazione più profonda con l'Egitto, che nel frattempo aveva rinunciato all’obiettivo politico di Nasser di riunire tutte le nazioni arabe sotto la sua bandiera.
Oggi, gli Stati Uniti stanno costruendo una coalizione contro la pretesa di domino iraniano nel Golfo. Israele, una nazione che ha ragioni proprie per opporsi all'Iran, rimane una componente importante nella strategia americana, ma allo stesso tempo Washington deve anche fare i conti con i costi politici di questa relazione quando dialoga con gli stati arabo-sunniti. L'opposizione americana al programma nucleare iraniano, ad esempio, non riflette solamente le preoccupazioni riguardo alla sicurezza israeliana e la possibilità che l'Iran possa rifornire gruppi terroristi di materiale nucleare. Riflette anche l'interesse americano nel proteggere la sua abilità di mandare, volendo, l'esercito regolare nel Golfo.
La fine della possibilità di difendere il Golfo e le tratte commerciali attorno ad esso da parte dell'America, sarebbe enormemente dannosa e non solo per noi americani. Il budget di difesa di ogni superpotenza crescerebbe drammaticamente e la politica mediorientale ne uscirebbe ulteriormente destabilizzata, perché ogni nazione a quel punto cercherebbe di aumentare la propria influenza politica nell’area per assicurarsi un accesso al petrolio in uno scenario di “tutti contro tutti”.
Il potenziale di conflitto e caos è reale. Un mondo fatto di superpotenze insicure e sospettose, impegnate in competizioni militari su interessi vitali non sarebbe certo un posto felice e sicuro. Ogni nave da guerra che la Cina dovesse costruire per proteggere il crescente numero di petroliere necessario a trasportare il greggio dal Medio Oriente negli anni a venire, rappresenterebbe allo stesso tempo una minaccia per la sicurezza delle risorse petrolifere del Giappone, così come di quelle dell'India e di Taiwan. La stessa cooperazione politica europea ne uscirebbe probabilmente danneggiata visto che i vari paesi cercherebbero di fare i migliori affari possibili con la Russia, gli stati del Golfo e altri paesi confinanti ricchi di petrolio, come l'Algeria.
La politica nel Golfo Persico, pertanto, rappresenta una dei modi principali con cui gli Usa stanno cercando di costruire un mondo pacifico dove esercitare la propria influenza, che guidata in ultima istanza dall'interesse nazionale americano, provvede al rifornimento di beni primari per la comunità globale. Per questo, il prossimo presidente americano, indipendentemente dalle sue convinzioni sull'intervento in Iraq voluto da George W. Bush, dovrà necessariamente fare della sicurezza degli stati del Golfo Persico una della più urgenti priorità di politica internazionale.
© Wall Street Journal
Traduzione per l'Occidentale di Andrea Holzer
domenica, gennaio 06, 2008
"Che l'aborto sia un omicidio non è quello che penso: è una verità oggettiva, sperimentalmente verificabile da chiunque, basta osservare un'ecografia. A causa di questa evidenza, appiccicare l'infamante marchio di baciapile a chi, come me, dice che l'aborto è un omicidio, è una reazione sterile, inefficace e un po' vigliacca da parte di chi non ha altri argomenti se non quello di squalificare come retrogrado e bigotto chi lo mette di fronte a un fatto incontestabile.
La fede religiosa qui conta zero, anzi meno di zero: ripeto, bastano gli occhi e la ragione per rendersi conto che con l'interruzione di gravidanza si distrugge una vita che è già cominciata."
Michele Brambilla
sabato, gennaio 05, 2008
Angoli dimenticati.
Benedetto XVI invita a non scordarsi della drammatica situazione kenyota e lancia un forte appello per la pace.
Il Kenya infatti rischia di essere l'ennesimo angolo della Terra devastato dall'odio e dimenticato dai pacifinti di casa nostra, buoni a sbraitare solo contro le guerre americane.
Nel Paese africano, le tensioni sono esplose subito dopo le elezioni del 27 dicembre, che avrebbero riconfermato il Presidente Kibaki. I risultati non sono stati accettati dal capo dell'opposizione, il comunista Odinga, che ha scatenato la rivolta e le violenze etniche. Nei giorni scorsi, alcune decine di cristiani sono stati addirittura bruciati vivi all'interno di una chiesa. Ma le vittime complessive dei disordini sono più di 300 in tutto lo stato.
Mentre l'Europa si disinteressa e l'ONU sa solo balbettare dati allarmanti, gli USA stanno cercando di riportare la pace attraverso la mediazione e la costituzione di un governo di unità nazionale. Kibaki avrebbe acconsentito, ma l'opposizione non ferma le violenze.
Intanto gli sfollati sono saliti a 250000: un numero impressionante, che però non sembra smuovere il cuore di chi comanda.
Old Whig
venerdì, gennaio 04, 2008
Che spettacolo!
Hillary chi?
Le primarie americane, atto iniziale della corsa alle Presidenziali 2008, hanno avuto un entusiasmante battesimo in Iowa, durante la notte appena trascorsa.
Per me, due buone notizie: tra i Repubblicani ha vinto Huckabee, un conservatore vero, tra i Democratici ha vinto Obama, un moderato che non scaccia i valori religiosi dal dibattito politico.
La sorpresa più grande è la scomparsa della Clinton: data in vantaggio fino all'ultimo dai sondaggi, l'odiosa ex-first lady radical chic e flip-flop non solo è stata battuta, ma è addirittura scomparsa al terzo posto, scavalcata dal candidato più a sinistra, l'avvocato milionario John Edwards.
In campo Repubblicano, dietro al vittorioso teocon Huckabee, che ha conquistato il 34% delle preferenze nel suo partito, si è attestato il mormone Romney, col 24%, mentre al terzo posto regge la vecchia stella di Hollywood, il neocon Fred Thompson (16%).
Huckabbe ha dichiarato: "Io qui ho vinto con il carattere, e non grazie ad una campagna dispendiosa". Parole evidentemente polemiche verso Romney, che ha speso molti soldi in Iowa, ma soprattutto verso, Giuliani, il candidato dei grandi finanziatori che non piace alla base. Huckabee ha davvero vinto solo con le sue forze, parlando chiaro al cuore della gente semplice e rispolverando il Conservatorismo compassionevole che più mi piace.
Proprio Giuliani sarà l'incognita, almeno fino a quando non toccherà votare agli elettori degli stati su cui l'italoamericano ha più puntato (e speso): la libertaria California, la Florida e le città del nord-est.
Obama, il senatore afroamericano, col 30% si è assicurato la prima tappa nel partto Democratico, e già parla di "giorno storico" e si proclama "presidente delle minoranze".
Per la Clinton, la candidata con più soldi e più ritorno mediatico, non è solo una sconfitta, ma un'umiliazione. Le sue parole di cortesia ("grande notte per i Democratici") malcelano la rabbia.
La prossima tappa, il New Hampshire, sarà l'ultima spiaggia per Billary, pardon Hillary, e potrebbe essere l'unica possibilità di farsi notare per McCain, neocon reduce del Vietnam ed eroe di guerra.
Le ultime indiscrezioni dicono che proprio McCain starebbe cercando di convincere Thompson a formare un unico ticket neocon. Staremo a vedere.
Per ora Obama e Huckabee dunque. Ma siamo solo all'inizio di quella che è a tutti gli effetti la più vasta e spettacolare prova di democrazia al mondo.
Old Whig
Catena...
L'amico AndreaTeocon, del blog "InGod we trust", mi ha nominato tra i suoi 5 blog preferiti e, quindi, mi ha coinvolto in questa simpatica catena di S. Antonio. In realtà i 5 blog che mi appresto a citare sono quelli "che più mi stimolano intellettualmente".
Qui le regole della catena:
1) Partecipare solo se si è stati nominati.
2) Lasciare un link al post originario inglese.
3) Inserire nel post il logo del Thinking Blogger Award.
4) Nominare i cinque blogger che stimolano intellettualmente.
Ecco dunque i cinque amici più interessanti (in ordine casuale):
1) Angelo: prima di tutto è uno dei miei migliori amici e poi grazie a lui sono sempre bene informato su musica e cinema. Inoltre spesso ci regala qualche perla grafica...come il template di questo mio blog ;)
2) Tolomeo da Lucca: è un amico simpaticissimo, ma è anche un grande esperto di Storia, di economia e di politica. Mi ha insegnato molto e nelle sue riflessioni non è mai banale.
3) Bobo: se possibile, è ancora più conservatore di me. E' un blogger esperto e mi piace leggerlo perchè spesso, pur avendo le stesse opinioni, guardiamo gli eventi da prospettive leggermente diverse (come per ciò che riguarda le nomination repubblicane per le primarie USA).
4) Raser: è un blogger di sinistra, quindi raramente andiamo d'accordo. Eppure apprezzo il suo lavoro, perchè mi piace dibatterci e da ogni discussione con lui esco più ricco.
5) Luca: liberale vicentino. Ama gli USA, quindi con lui gioco in casa ;) Affronta temi diversi, non solo strettamente politici, il più delle volte con brillantezza, costantemente con competenza.
Bene, è stata dura escludere qualcuno: 5 nomination sono troppo poche!
Comunque, ora tocca ai citati!
Old Whig
mercoledì, gennaio 02, 2008
...un po' di Storia...
Il Museo Mercantile di Bolzano.
Inizio il nuovo anno con un post culturale e non politico, anche perchè non ho voglia d'intristirmi subito e la nostra politica ultimamente ci riserva solo risse di quartiere, banalità, bugie governative e demenze acute.
Finisce oggi il mio soggiorno natalizio sulle Dolomiti. In realtà non è che me lo sia goduto più di tanto, visto che mentre il resto della famiglia sciava io ero rinchiuso in hotel a studiare per gli esami di gennaio-febbraio...
Gli unici svaghi che mi sono concesso sono state un paio di tequila sale e limone con le mie cugine e mio fratello (ma qui direi di sorvolare), e una visita molto interessante a Bolzano (qui invece vorrei soffermarmi).
Come giudizio personale generico e superficiale, basato più sull'impressione che non sulla riflessione, vi dico che Bolzano è una città molto bella, con un centro storico ricco di edifici unici, con una piazza più nordeuropea che italiana, con un mercato di bancarelle che si inoltrano fin nelle strade più strette ed affollate.
Ciò su cui invece posso informarvi meglio è il Museo Mercantile, che ho visitato con immenso piacere. Ecco di seguito brevemente le note storico-artistiche più rilevanti.
Bolzano è stata, fin dai primissimi anni del XIII secolo, una città di commerci, un nodo vitale di scambi tra il CentroEuropa e la penisola italiana. Col tempo le sue tradizionali fiere assunsero un'importanza enorme, di livello internazionale, attirando i mercanti di tutto il vecchio continente. Il Palazzo Mercantile, da me visitato, testimonia proprio questa tradizione commerciale: la sede del Museo infatti è il nucleo di quel vasto complesso di portici interni ed esterni che si moltiplicarono nei secoli per far spazio ad un numero sempre più elevato di mercanti e, quindi, ad una sempre maggior quantità di merce da esporre. La popolazione locale traeva grandi vantaggi economici da questo perenne "turismo", da questo instancabile viavai di gente, di funzionari, di compratori, di affaristi e di prodotti. Anche i nobili locali, con dazi e permessi, avevano il loro buon tornaconto. Nel XVII secolo fu Claudia de'Medici a dare nuova linfa e maggior organizzazione all'economia locale, sfruttando nel migliore dei modi questi traffici commerciali.
La ricchezza di Bolzano ebbe tra le conseguenze più note la costruzione di canali di scolo per tutte le vie principali, che resero il capoluogo una fortezza contro la peste e le altre epidemie, tanto che la famiglia imperiale vi trovava rifugio sicuro.
Il Museo Mercantile oggi offre, oltre ad un'architettura più unica che rara, segnata dalla storica necessità di conciliare gli spazi di esposizione delle merci (stupendi portici per la maggior parte settecenteschi) con quelli di attività amministrativa e giudiziaria (assegnata dal 1635 al Magistrato Mercantile), una serie notevole di dipinti (molti ritratti di personaggi della famiglia Asburgo, ma anche qualche bellissima allegoria neoclassica), un arredamento in legno con mobili antichi e soprattutto documenti originali come carte topografiche, editti, "privilegi" e registri di mercanti (alcuni con tanto di campioncini originali del Seicento).
Insomma una visita che merita ed affascina. Questo museo Mercantile tra l'altro è molto più tranquillo, caratteristico, genuino, intatto rispetto al megalomane e "di massa" Museo Archeologico (che è stata la mia seconda tappa), dove, da quando vi riposa il famoso Otzi (l'uomo ritrovato tra i ghiacci), arrivano masse di turisti e bambini pestiferi.
Un'ultima nota: al Museo Mercantile ho usufruito della guida, che era gratuita (ovvero compresa nel modico prezzo d'ingresso). Anche questa ve la consiglio, visto che si trattava di una splendida ragazza del luogo, rigorosamente bilingue, con biondi capelli ed occhi meravigliosi...
Old Whig