lunedì, maggio 26, 2008






L'unità dell'Occidente, nel sacrificio comune.








Alla fine della Guerra Fredda, lo scenario mondiale è cambiato radicalmente, ponendo nuovi interrogativi e nuovi pericoli. Se molti degli interrogativi rimangono aperti, almeno uno dei pericoli è purtroppo esploso con violenza, costringendoci a reagire per assicurare alla nostra civiltà la sopravvivenza.

Già all’inizio degli anni ’90, Bernard Lewis, uno dei maggiori studiosi dell’Islam, parlava con preoccupazione di un crescente “furore musulmano contro la nostra tradizione ebraico-cristiana, il nostro presente laico e l’espansione a livello mondiale di entrambi”. Purtroppo i drammatici avvenimenti dell’inizio di questo millennio gli hanno dato ragione: è da tempo in atto una guerra tra civiltà, che sfruttando la Rinascita religiosa islamica e l’esplosione demografica nel mondo arabo incanala odio contro l’Occidente, visto non solo come uno sfruttatore economico, ma anche e soprattutto come un inaccettabile modello di sviluppo democratico, laico, liberale.
Questo conflitto, sfociato negli attentati dell’11 settembre ma anche in quelli di Madrid, Londra e Beslan, non l’abbiamo iniziato noi, ma non è possibile fare a meno di combatterlo; nell’affrontare la questione, non dobbiamo dunque sentirci autorizzati ad abbandonare i nostri stessi principi morali, ma non possiamo nemmeno annegarci in sensi di colpe che non abbiamo o in terzomondismi inutili e fuori luogo.


Il sacrificio degli USA nella guerra al Nazismo islamico ci riguarda profondamente e coinvolge il futuro dell’umanità intera.
Molti sono stati gli errori di metodo e strategici, ma la strada intrapresa ha dato anche soddisfazioni non piccole ed abbandonarla ora sarebbe follia. In Afghanistan ed Iraq sono nate due democrazie; deboli certo, ma vorrei che qualcuno mi indicasse una sola democrazia occidentale la cui nascita non sia stata difficile, lunga, inizialmente in bilico. In Iraq, teatro di un conflitto post-guerra davvero spaventoso, il peggio sembra passato e la nuova strategia del “surge” sta dando risultati ottimi in termini di sicurezza, tanto che nell’ultimo anno l’80% delle famiglie che avevano abbandonato Baghdad sono tornate a ripopolare la capitale.
Le reazioni violente del fondamentalismo islamico all’avvento della democrazia non sono finite e non ci illudiamo: certamente altro sangue innocente sarà versato. Ma questo avviene proprio perché gli estremisti temono come la peste che la popolazione locale respiri aria nuova, esca dallo stato di imbarbarimento e di sottomissione a cui è stata abituata, e si liberi dal giogo sociale di una teocrazia tirannica.

Lo scenario più promettente è l’Afghanistan, che dopo essere stato liberato e dopo aver conosciuto l’avvento della democrazia si trova impegnato in due sfide ardue quanto fondamentali: la crescita economica e sociale, unica base su cui potrà consolidarsi la nuova struttura dello stato; e la sconfitta definitiva delle sacche di resistenza dei Talebani.
I due obiettivi vanno evidentemente a braccetto, e proprio per questo si sta affiancando al supporto militare quello umanitario e civile.
La missione italiana in Afghanistan sta compiendo un ottimo lavoro, ma come spesso accade regole d’ingaggio ridicole le impediscono di cooperare in maniera attiva alla battaglia che si svolge nel Sud del Paese.
Ora che è terminato il periodo delle vergognose equidistanze dalemiane, ora che si può tornare a parlare di buoni e cattivi, ora che siamo nuovamente col piede in una sola staffa, si può pensare di cambiare le regole: i nostri soldati sono pronti ad assumersi responsabilità maggiori, facendo quello che fino a questo momento è stato loro impedito.
Il Ministro Frattini in questi giorni ha parlato della questione e ha manifestato la disponibilità dell’Italia ad essere maggiormente flessibile e, quindi, a cambiare il ruolo dei nostri ragazzi da belle statuine a forza di attacco, per collaborare a ripulire il Sud dell’Afghanistan e a garantire l’impermeabilità del confine col Pakistan.
Sempre il Ministro Frattini si era dimostrato a cavallo delle elezioni particolarmente attento alla situazione in Libano: anche qui siamo impegnati in un compito difficile con regole d’ingaggio da guardia e ladri. In questo caso però il problema non riguarda solo noi, ma l’intera missione UNIFIL, che in questi mesi ha dimostrato tutta la sua impotenza di fronte al costante riarmo di Hezbollah, attuato dalla Siria e finanziato dall’Iran.

La speranza è che la situazione migliori sia in Afghanistan sia in Libano, perché azioni decise e coordinate sono l’unico modo per arginare il tentativo dei fondamentalisti islamici di terrorizzare la popolazione e rigettare la democrazia.



Più in generale, spero che a partire da novembre, se il nuovo Presidente USA sarà McCain, si formi quella solida alleanza di tutte le democrazie occidentali che sola può lavorare per garantire sia la sicurezza di Israele e la stabilità dello stato palestinese, sia il rafforzamento delle istituzioni democratiche in Libano, Afghanistan ed Iraq, sia un maggior rispetto dei diritti umani a livello planetario.
Questa alleanza occidentale, che negli ultimi anni è mancata a causa della spavalderia di Bush e dell' antiamericanismo di qualche narcisista nazione europea, è la sola speranza che abbiamo di vedere a breve qualche anche solo minima riforma costituzionale delle ormai sempre più malate Nazioni Unite. Gli ultimi eventi in Birmania hanno palesato ancora una volta la debolezza dell’ONU, incapace di imporsi ad un piccolo ma terribile regime dispotico ed antiumano. In particolare, la presenza della Cina nel Consiglio di Sicurezza ed il suo potere di veto le assegnano un ruolo per il quale non sembra pronta, come si può ben evincere non solo dalla sua politica estera (protezione della giunta birmana, coinvolgimento nella pulizia etnica in Darfur, ecc.), ma anche dal suo stesso assetto interno, che non garantisce né le più elementari libertà democratiche né il rispetto dei diritti umani.

Di fronte a tutti questi problemi, alle sfide del futuro e ai nuovi assetti mondiali post-Guerra Fredda, solo se coeso ovvero stretto attorno al suo stato guida (gli USA) l'Occidente può essere una forza di pace e di giustizia più coerente, più efficace, più forte.








Old Whig







9 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Su gran parte dei punti da te toccati mi trovo completamente d'accordo, su uno invece mi sento di dissentire: l'Occidente non deve stringersi attorno al suo conduttore USA, perchè l'Europa ha la sua tradizione e la sua storia che per forza di cose si discosta da quella oltre-oceano anche se per certi versi c'è unione e somiglianza.
Il ruolo dell'Europa deve essere quello di interlocutore e mediatore che non vuole assolutamente significare piegarsi al volere, nè di uno nè dell'altro, ma saper portare avanti una propria politica estera che sappia dialogare con Stati a lei più vicini e magari fare da "traduttrice" nei confronti degli USA troppo "distanti" non slo per il linguaggio.
Giusto condannare senza se e senza ma tutte le manifestazioni anti diritti dell'uomo: ma è anche giusto prendere in considerazione tutte le "mancanze" in tal senso dei governi mondiali, non facendo dell'America l'unica potenza paladina di giustizia e democrazia.
Un saluto
Andrzej

12:51 AM  
Anonymous Anonimo ha detto...

Volevo scriverti un'email ma non ho trovato il contatto.

Ti ringrazio per le belle parole.

9:34 AM  
Blogger Old Whig ha detto...

Caro Andrzej, hai toccato un punto fondamentale, quindi ti rispondo molto volentieri.
La civiltà occidentale (Europa, Stati Uniti, Israele ed Australia), per come si è venuta costituendo, è oggi l'unica che ha a cuore i diritti dell'uomo e la libertà dei popoli, sia a livello di opinione pubblica sia a livello di principi costituzionali dei singoli stati. Questo significa che noi tutti occidentali, pur con i nostri errori passati ed i nostri difetti attuali, siamo incaricati di un ruolo sulla scena internazionale che è molto simile ad una missione. Tale missione però, se guardiamo agli equilibri di potenza post-Guerra Fredda, pare una Mission Impossible, perchè dobbiamo ammetterlo: sono finiti i tempi in cui l'Occidente da solo dominava il mondo. Questo accadeva forse nel 1920, non più ora: ci stiamo indebolendo, o meglio, alcune forze sono emerse prepotentemente, a partire dalla Cina, mentre altre come l'America Latina si smarcano da noi e riscoprono i loro tratti culturali distintivi.
E' a partire da questo (doloroso) atto di realismo che io dico: già siamo in difficoltà, cerchiamo almeno di non disunirci!
Ecco perchè è necessario per noi stringerci attorno agli USA; il che non vuol dire essere sempre d'accordo, certo. Ma evitare distinguo motivati solo da manie di protagonismo ed invidia è fondamentale, per portare a casa qualche successo.

11:19 AM  
Blogger Old Whig ha detto...

Ciao Bisquì, figurati. Ti ribadisco il forte abbraccio.
A presto

11:20 AM  
Anonymous Anonimo ha detto...

Caro OW, come ben sintetizza il tuo primo ospite sarebbe davvero ora che l'Europa sviluppasse una sua politica estera comune non necessariamente uguale a quella americana, che spesso si disinteressa bellamente delle questioni che ci riguardano.
A mio avviso usi toni da guerra santa che sono eccessivi. Non perché il pericolo del fondamentalismo non sia reale ma perchè sentirci in guerra con un miliardo di islamici non è cosa realistica oltre che falsa.
Continuo a pensare che D'Alema sia stato un ottimo ministro degli esteri e la situazione nuovamente pacificata del Libano dimostra l'utilità della missione Unifil.
Un saluto

11:32 AM  
Blogger Old Whig ha detto...

Caro PierPaolo, i miei toni sono da guerra santa non per scelta mia nè dell'America, ma perchè proprio una guerra santa ci è stata dichiarata. Entrare in quest'ottica è doloroso, lo so, ma è l'unico modo per affrontare la questione senza paraocchi. Ci piacerebbe che non fosse così, ma così è: siamo di fronte ad una guerra santa, perchè chi ce l'ha dichiarata non vuole questo o quel pezzo di terra, questa o quella concessione economica, ma molto più semplicemente e tragicamente la nostra fine, la nostra totale eliminazione come civiltà. Una delle tantissime prove di ciò è la reazione di Hamas alle concessioni unilaterali di territori da parte di Israele avvenuta nel 2005: invece di dirsi soddisfatti e di riavviare un dialogo per la pace, gli esponenti di questo partito-terrorista che tiene in ostaggio il popolo palestinese hanno pensato bene di organizzare una collaborazione fittissima con l'Iran, comprendente non solo finanziamenti economici ma anche (è notizia di poche settimane fa) campi di addestramento in territorio iraniano: veri e propri stages per novelli combattenti!
Per quanto riguarda la politica estera europea, ho già risposto al primo ospite e ripeto anche a te che è questione di realismo: quanto pesa l'Europa (anche ammesso che riuscisse a coordinarsi in maniera comune sulle questioni di politica estera, cosa comunque che oggi non avviene) da sola? Poco, pochissimo. Quanto pesano gli USA da soli? Non più molto, anzi sempre meno, soprattutto in Asia.
E allora, a partire da questa presa d'atto della situazione, io credo che sarebbe molto più vantaggioso stare uniti e portare avanti le comuni battaglie con minore unilateralismo da parte degli USA e con minore antiamericanismo da salotto da parte nostra. Perchè l'Occidente non è più padrone del mondo: già contiamo sempre di meno, cerchiamo almeno di stare uniti e di non farci del male da soli!
Gli equilibri mondiali sono cambiati, stanno evolvendo, ed oggi più che mai mi sembra necessario che la civiltà occidentale sia coesa nel difendersi dal Nazismo islamico e nel fronteggiare la Cina.
Per quanto riguarda D'Alema, io non butto via tutto il suo lavoro in toto, ma esprimo il mia sdegno per la sua politica mediorientale: come si può predicare "l'equidistanza" tra Israele ed Hezbollah? tra uno stato di diritto ed un movimento paramilitare antidemocratico? tra una democrazia parlamentare ed un gruppo di terroristi che lanciano missili verso i centri abitati ebraici facendosi poi scudo con i propri stessi civili???
La missione UNIFIL è positiva in linea di principio, ma inefficace con le regole d'ingaggio attuali: in questi mesi Hezbollah si è rimpinzata di armi proenienti dalla Siria e pagate dall'Iran, mentre i nostri ragazzi erano impotenti. La situazione oggi è tutt'altro che migliorata, tanto che poche settimane fa proprio Hezbollah ha rovesciato il governo democratico e messo a ferro e fuoco larga parte del Paese.

1:01 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

A me sembra che Frattini stia cambiando idea ogni 3 gg. O sono i media che riportano male le sue affermazioni?
Prendi quelle sull'Unifil e sulle regole d'ingaggio: prima delle votazioni sosteneva che dovevano essere cambiate, dopo ha temporeggiato, chiamando in causa l'Onu, ecc., ora ritorna sulle posizioni pre-elettorali. Non c'è il rischio che dopo domani cambi di nuovo idea?

2:01 PM  
Blogger Old Whig ha detto...

Ciao Esperimento! Mah, la posizione di Frattini sull'UNIFIL è sempre la stessa: le regole d'ingaggio vanno cambiate. Il problema è che questa decisione non dipende solo da noi, ma va presa in sede ONU.
Al contrario, le regole d'ingaggio in Afghanistan sono diversificate e le nostre (ridicole) possono essere cambiate quando vogliamo: infatti proprio in questi giorni Frattini ha già messo a disposizione degli alleati le nostre truppe per pattugliamenti anche in aree più a sud di quelle di nostra competenza: è un primo passo. Staremo a vedere.

2:20 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

D'accordo sull'evitare manie da protagonismo e smarcamenti inutili atti solo a evidenziare ancor di più la nostra "goffagine" in talune materie e situazioni.
Una posizione più seria e propositiva però la ritengo opportuna proprio per evitare posizioni unilaterali del gigante USA ed essere per primi interlocutori credibile che sappiano mediare, proporre, creare e non solo seguire con la coda tra le gambe una volta e ritirarsi a petto in fuori quella dopo.
Andrzej

11:14 PM  

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