di Stefano Magni
Cosa accadrà dopo le dimissioni di Fidel Castro? La transizione alla democrazia, probabilmente, è “inevitabile”, come sostiene il candidato repubblicano statunitense John McCain. Ipotesi plausibile, visto che Raul Castro, il fratello di Fidel, è molto anziano e nel partito al potere non è emersa alcuna personalità in grado di reggere una successione. Castro aveva concentrato tutta la legittimità del suo regime sulla sua figura, è difficile pensare a un partito al potere senza il “Lider Maximo”.
Chi non crede nel ritorno alla democrazia a Cuba può benissimo indicare alcuni fattori negativi: non c’è alcun movimento di resistenza e dissidenza compatto e organizzato che possa prendere il potere. Gli esuli stessi sono politicamente divisi. La frustrazione della popolazione è crescente, ma tutte le forze armate e di sicurezza sono saldamente nelle mani del regime. Insomma, non si possono fare previsioni sul futuro di Cuba post-castrista. In compenso si può fare benissimo un bilancio di 49 anni di potere assoluto di Fidel Castro.
Chi non crede nel ritorno alla democrazia a Cuba può benissimo indicare alcuni fattori negativi: non c’è alcun movimento di resistenza e dissidenza compatto e organizzato che possa prendere il potere. Gli esuli stessi sono politicamente divisi. La frustrazione della popolazione è crescente, ma tutte le forze armate e di sicurezza sono saldamente nelle mani del regime. Insomma, non si possono fare previsioni sul futuro di Cuba post-castrista. In compenso si può fare benissimo un bilancio di 49 anni di potere assoluto di Fidel Castro.
Il “Lider Maximo”, prima di tutto è responsabile dell’instaurazione della dittatura comunista. Emerse come il leader della rivoluzione democratica contro il dittatore populista (di sinistra) Fulgencio Batista. La rivoluzione del 1959 venne vissuta dalla maggioranza dei suoi promotori come una lotta per il ritorno alla democrazia. “Quando ero studente di legge all’Università dell’Avana iniziai da subito a manifestare il mio dissenso contro la dittatura di Batista. Noi tutti eravamo contro la dittatura, non avremmo mai pensato di aiutare l’instaurazione di un nuovo regime dittatoriale” – ci spiega Angel Cuadra, poeta della rivoluzione e poi dissidente anti-castrista, internato per quindici anni nel gulag cubano – “Volevamo ripristinare la Costituzione del 1940 che era stata sospesa da Batista e ritornare a votare. Quando Castro prese il potere, instaurò da subito un nuovo assolutismo. Noi dissidenti, che lo avevamo sostenuto, iniziammo a considerarlo come un traditore”. Castro non fu affatto costretto dalle circostanze (e dagli Americani) a sopprimere la democrazia e ad erigere uno Stato totalitario.
A dire il vero, Castro non era, tra i membri della nuova classe dirigente, il più totalitario. Il più ortodosso filo-sovietico era proprio il mitizzato Che Guevara. Anche prima della vittoria, Guevara scriveva “Appartengo a coloro che credono che la soluzione dei problemi di questo mondo si trovi dietro la cortina di ferro”: idee chiare su come seguire il modello totalitario di Stalin. Nei mesi successivi alla vittoria del gennaio 1959, contribuì attivamente alla fucilazione di 600 persone tra i membri dell’opposizione. Nominato ministro dell’industria (seppur privo delle basilari nozioni di economia) ricalcò per Cuba il modello sovietico, con la centralizzazione nelle mani dello Stato di tutti i mezzi di produzione, iniziò una vasta opera di irreggimentazione della gioventù e creò a Guanaha il primo campo di concentramento per prigionieri politici. Nel frattempo si costituivano da subito dei tribunali speciali in cui non esisteva diritto alla difesa. In giugno Castro sospese le elezioni e alle opposizioni, arrogantemente, rispose: “Elezioni? A che servono?”. Subito dopo sospese la costituzione del 1940 (che garantiva i diritti fondamentali) e governò in modo assolutistico.
I comunisti non erano affatto egemonici nel fronte rivoluzionario. Contro Batista era attivissima la Chiesa locale guidata dall’arcivescovo Serantes. Questi aveva condannato la non democraticità di Batista, gli atti di violenza delle milizie di destra “Tigri” e aveva perfino permesso la partenza di molti sacerdoti per la Sierra, dove si organizzava la guerriglia anti-batistiana. Dopo la vittoria di Castro la Chiesa si è opposta alla dura repressione delle formazioni non comuniste e il dittatore ha invitato tutti i sacerdoti ad andarsene.
Il capo dei sindacati dello zucchero, David Salvador, aveva guidato i maggiori scioperi contro Batista, ma, democratico convinto, non aveva accettato che nel ‘59 i vertici del sindacato venissero nominati dal regime saltando le elezioni: è stato arrestato e subito dopo il suo sindacato, fuso per ordine di Castro con tutti gli altri, si troverà costretto a sopprimere il diritto di sciopero. “Il sindacato non è un organo rivendicativo” (Castro).
Uno dei leader dell’opposizione, Humberto Sorì Marin, era un liberale radicale e, nominato ministro dell’agricoltura, progettò la redistribuzione dei latifondi ai piccoli proprietari: Castro non approvò il suo piano e fece occupare le terre dall’esercito, sopprimendo con la forza ogni tentativo di resistenza contadina alla nazionalizzazione totale delle campagne. Matos, conquistatore di Santiago ed eroe della guerriglia sulla Sierra, si oppose alla nazionalizzazione forzata delle campagne: fu arrestato e giudicato con un processo senza difesa in cui il verdetto finale fu condizionato personalmente da Castro.
Dopo la nazionalizzazione delle campagne, gran parte dei gruppi di guerriglia urbana anti-batistiani si rifugiarono nuovamente sulla Sierra per combattere il nuovo dittatore. Il mitologico Che e Raul Castro scatenarono contro di loro una repressione così feroce da battere, in numero di vittime e di atrocità, decenni di regime di Batista: le famiglie dei contadini ribelli furono deportate in massa dall’altra parte dell’isola (lo stesso Guevara organizzerà a Guanaha i primi campi di “rieducazione” organizzati sul modello dei gulag sovietici). Uno dei leader della rivolta anti-castrista, Carrera, che era anche uno dei protagonisti della rivoluzione del ’59, fu ucciso personalmente da Guevara, suo rivale personale. A Santa Clara furono fucilati senza processo 381 “banditi” in un solo giorno. Nella prigione di Lloma de Coches le vittime furono più di 1000 in pochi giorni. Il capo dell’opposizione studentesca a Batista, Luis Boitel, poi unitosi alla rivolta anti-castrista, fu rinchiuso nel carcere duro a Boniato: morì in seguito a 53 giorni di sciopero della fame dichiarando “faccio lo sciopero per ottenere i diritti riservati ai prigionieri politici; quegli stessi diritti che voi chiedete per gli altri Paesi dell’America Latina e negate al vostro”.
Nella metà degli anni ‘60 i comunisti egemonizzavano in modo assoluto il fronte rivoluzionario: gli altri partiti erano stati smantellati. Già dal primo anno era stata costituita un’efficiente polizia segreta, la DSE, guidata da Ramiro Valdes. Era (anzi è, perché esiste tuttora) divisa in tante sezioni quante sono quelle della società cubana: le prime due controllano personalmente ogni membro dell’amministrazione pubblica, la III controlla il mondo dell’arte e dello sport (gli scrittori rivoluzionari Padilla e Arenas sono le vittime più illustri), la IV controlla tutti i settori dell’economia, la V i trasporti e le comunicazioni non telefoniche (ogni lettera spedita è passibile di controllo), la VI (la più numerosa, con più di 1000 agenti) si occupa delle intercettazioni delle telefonate di ogni cittadino cubano, la VII controlla ogni membro del corpo diplomatico e l’VIII assicura di guidare bene i turisti: i nostri intellettuali di sinistra che vanno in vacanza a Cuba devono veramente vedere che questa sia un paradiso.
Non basta: un altro organismo, il DEM, organizza migliaia di informatori e delatori sparsi segretamente tra la popolazione civile, l’esercito e la stessa polizia segreta. La Dirrecion 5 del DEM, è specializzata nell’eliminazione fisica degli avversari politici indicati da Castro in persona. Nei campi di “rieducazione” (il primo dei quali, lo voglio ricordare, è stato organizzato personalmente da Che Guevara) gli UMAP, sono stati sistematicamente rinchiusi cattolici, protestanti, testimoni di Geova, omosessuali e tutti i “potenzialmente pericolosi per la società”. Questo sorvolando sul trattamento carcerario: celle di 30 metri quadrati per 42 prigionieri, sfruttamento delle fobie dei detenuti, scarpe zavorrate col piombo, uso del pentothal e altre droghe per tenere svegli i prigionieri, uso dell’elettroshock, finte esecuzioni, ecc...
Tutti questi sacrifici, almeno, sono serviti a fare di Cuba (che sotto la dittatura di Batista era uno dei paesi più benestanti dell’America Latina) un paese in cui la popolazione vive meglio? Evidentemente no, perché i risultati economici sono miseri. Il benessere, obiettivo principale del regime socialista di Castro, non è garantito: il Pil pro-capite è di 4500 dollari. Un’inezia rispetto ai 31.000 dollari dell’Italia. Meno dell’Albania (5500 dollari), giusto per fare un esempio di confronto con un paese povero europeo. E meno di un terzo rispetto al Pil pro-capite dei democratici Cile e Argentina (rispettivamente 14.500 e 13.000 dollari) e poco più della metà della Colombia, pur flagellata dal terrorismo (7500 dollari).
I difensori ad oltranza del sistema cubano salvano almeno la sanità. Ma un’inchiesta indipendente condotta dal professor Julian Antonio Mone Borrego nel marzo scorso, svela una realtà ben diversa da quella spacciata dalla propaganda: nell’ospedale di Santa Clara, un’invasione di scarafaggi, ha contaminato tutto, dal cibo al materiale medico; a Ciego de Havila, la mancanza di equipaggiamento e medicinali di prima necessità ha costretto l’ospedale locale “Antonio Luaces Iraola” e “Roberto Rodriguez” alla sospensione di tutte le operazioni chirurgiche. A Camaguey, tutti gli ospedali locali registrano carenze di materiale di base per i test di laboratorio. A Holguin, continui blackout hanno costretto il personale medico a ricorrere alle lampade a petrolio per illuminare i locali. Persino nella capitale, nel gennaio scorso, un paziente malato di Aids, e ricoverato in un sanatorio specializzato, lamentava condizioni igieniche impossibili: acqua contaminata ed escrementi animali in tutti i locali. A Cienfuegos, nelle farmacie, è mancata l’aspirina per mesi. A questi episodi va aggiunta una carenza cronica di autoambulanze, tempi di attesa lunghissimi per i pazienti e una crescente frustrazione del personale medico e paramedico, che si vede molto spesso negare ogni richiesta da una burocrazia lenta e corrotta.
Sarebbe sbagliato anche dare la colpa all’embargo statunitense (iniziato 46 anni fa), come ripete sempre la propaganda cubana e filo-cubana in tutto il mondo. Perché fino al 1991, Cuba è stata sostenuta economicamente dall’Unione Sovietica. E dopo la dissoluzione dell’Urss, il regime di Castro ha stabilito nuovi contatti commerciali con l’Europa, con i paesi ex sovietici e, dal 1998, mantiene rapporti commerciali privilegiati con il Venezuela di Hugo Chavez, il maggior produttore di petrolio di tutta l’America Latina. Tuttora il Venezuela vende il petrolio a Cuba a prezzi politici, fuori mercato.
In compenso il regime di Castro ha primeggiato nell’esportazione di un prodotto speciale: la violenza politica. Decine di migliaia di consiglieri militari e soldati (più o meno) volontari sono andati a combattere in Angola, Mozambico, Etiopia e Nicaragua, per “esportare la rivoluzione”. Il regime castrista è sospettato di avere anche sostenuto segretamente la guerriglia comunista nel Salvador, la guerriglia delle Farc in Colombia, indirettamente anche il terrorismo dell’Eta in Spagna.
E’ ancora difficile calcolare i danni, la sofferenza, la miseria e i lutti provocati, a Cuba e nel resto del mondo, da questi 49 anni di potere assoluto di Fidel Castro. Tutta la verità potrà emergere solo quando cadrà del tutto il regime rivoluzionario instaurato nel 1959. Per ora limitiamoci a sperare che i suoi successori non siano “all’altezza” del padre della rivoluzione cubana.
14 Commenti:
io spero solo che il popolo cubano decida lui stesso il suo futuro,senza imposizioni esterne.ma non sara' per domani purtroppo.
L'unica speranza è che finalmente a Cuba arrivi un vero vento di libertà che consenta tutta questa straordinaria comunità nazionale di uscire progressivamente dalla dittatura e dalla negazione dei diritti umani ad uno Stato in cui il pluralismo delle idee sia finalmente pratica quotidiana. Ma è altrettanto importante che ad esempio non si torni a Batista... Cuba non merita nè di diventare un puttanaio nè un nazione deturpata dalle logiche consumiste e ultraliberiste che hanno in parte rovinato i nostri valori occidentali più validi e puri...
non illudiamoci: fidel castro (sempre se è ancora vivo, visto che è sparito da ben 18 mesi) continuerà a tenere ben salda in mano la situazione a cuba..
Andai a Cuba nel 2004, e credimi l'unica cosa che non era in vendita erano i morti.
La povertà è molto diffusa.Un neurochirurgo prende 35 dollari al mese, una bottiglietta da mezzo litro costa 1 dollaro e almeno all'Avana i negozi di stato sono vuoti.
Comunque penso che al momento anche l'America speri in un passaggio alla democrazia pluriennale, perchè se cadesse ora il regime ci sarebbe una quantità di sbarchi inimmaginabile.
Mia speranza: i candidati alla Casa Bianca chiuderanno Guantanamo, speriamo che Raul Castro faccia lo stesso con i campi di prigionia non per presunti terroristi ma per gay e dissidenti
Perfino Fidel Castro si è dimesso."Fidel" De Mita manco ci pensa
super post, Matteo! ottimo.
interessante notare che è stato il Cardinal Bertone ad atterrare a L'Avana.
Ancora una volta, Santa Romana Chiesa passa e sorpassa tutto e tutti.
Ben fatto. Alla faccia dell'Immobilsmo Globalizzato dei partiti politici -italiani- nel nostro caso.
un abbraccio, GB
concordo.
mandalo per conoscenza al buon bertinotti, augurandogli di prendere la cittadinanza cubana e trasferirsi. naturalmente senza la pensione di politico italiano.
300705
Caro OW, il giudizio storico sull'esperienza cubana non può che essere negativo. Castro non ha saputo modernizzare un paese con m
olte risorse, e che aveva portato ad un livello di assistenza sanitaria e scolastica di tutto rispetto.
Oggi Cuba è un paese con due economie l'una opposta all'altra. Una povera e legale, una dinamica ma fortemente illegale.
Non condivido l'elogio del regime di Batista ed auspico anche io che ai cubani sia data l'opportunità dell'autodeterminazione.
Un saluto
Chris, fino ad ora tutte le imposizioni che ha avuto sono state interne. Aiutarlo a raggiungere la democrazia sarebbe positivo.
Articolo 21, io temo proprio che Cuba si trasformi in una piccola copia della Cina, che ha preso tutti mali del liberismo economico senza accettare i beni del liberalismo politico.
Andrea, credo che questa sia l'idea di Castro, ma nelle condizioni in cui è non sarà in grado di realizzarla: il fratello o altri gli subentreranno in ogni caso.
Neoconservatore, le leggende nere su Guantanamo sono invenzioni dei giornalisti liberal USA e comunisti nostrani. Sai che i detenuti hanno una palestra? sai che i pasti serviti tengono conto dei loro precetti religiosi?
Cmq non credo che la chiusura dei campi di prigionia comunisti del regime cubano sia dietro l'angolo: guarda la Cina, tutto sviluppo economico zero apertura politica (con 500000 persono che ogni anno vengono internate senza che nessuno dica nulla).
Clem ;)
Stonato, la Chiesa ha sconfitto (con l'aiuto di Reagan) l'URSS...sono certo che quando Cuba tornerà a respirare libertà un non indifferente merito sarà ancora della Chiesa.
300705, il fatto incredibile è proprio quello che sottolinei: una parte della Sinistra italiana è così ideologica ed antistorica da non ammettere il fallimento del Comunismo ed i crimini che ancora vivono a causa sua alcune popolazioni sfortunate.
Caro Tilt, nel '59 Cuba perse una grande occasione, quando la rivoluzione democratica fu usurpata da una minoranza violenta di comunisti. Spero che il treno per i cubani passi una seconda volta.
A presto
@neoconservatore:ho letto bene?sei favorevole a campi di concentramento per gay e dissidenti?
Chris, mi sa che hai letto male: Neoconservatore ha scritto di sperare in una chiusura dei campi per dissidenti e gay.
allora approvo in pieno
Sarebbe una bella notizia per il paese che ha avuto il dittatore più longevo tornare a respirare un alito di vento di libertà.
Chris, non sono assolutamente per i campi di concentramento nei confronti di gay dissidenti,io sono contrario ai totalitarismi..
OW, d'accordo sull'esagerazione fatta nei confronti di Guantanamo( ireportage di Ch.Rocca sul Foglio sono stati illuminati); però ormai penso che per opportunità politica sia meglio chiuderla.
Solo che se la chiudono, devono "dare la cittadinanza" ai musulmani cinesi perchè qs si rifiutano di tornare in Cina.
Il mio paragone era una provocazione per i comunisti nostrani che si strappano le vesti per veri e /o presunti terroristi ma non per presunti gay e nel contempo in Italia gridano all'inquisizione se la chiesa si oppone ai matrimoni gay..
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