mercoledì, agosto 20, 2008

La mia lunga assenza dal blog, dovuta a cose piu' importanti a cui pensare, come ad esempio il mio futuro universitario, mi sta dando l'opportunita' di riflettere riguardo ad una riconversione da effettuare. Con l'anno nuovo o forse prima, apriro' un nuovo spazio, un nuovo blog, probabilmente non piu' incentrato sulla politica.
Prima di intraprendere questa nuova avventura on-line pero', devo terminare i miei studi in California, tornare in Italia e scrivere la mia tesi entro novembre, per potermi laureare a dicembre.

Quindi per ora mi limito a salutare con affetto tutti i miei lettori abituali e tutti coloro che capiteranno qui "di passaggio".

God bless you.

domenica, giugno 08, 2008

Blog momentaneamente sospeso per problemi personali.


Old Whig

lunedì, giugno 02, 2008

Il futuro del mondo, la missione dell'Occidente.










La crescita economica della Cina e le sue mire politiche (confermate dal mastodontico investimento in armi e tecnologia bellica avviato dagli anni '90) la stanno conducendo verso la leadership dell'Asia, a discapito dell'India, ma soprattutto degli USA, che dovranno ammettere la nascita di una potenza regionale e, quindi, la fine della loro influenza globale.



L'Asia, e l'estremo oriente in particolare, è un caos geopolitico ricco di conflitti striscianti e rivalità mai scomparse del tutto. Eppure c'è la possibilità che molti stati emergenti, riconosciuta la supremazia cinese, decidano di non opporvisi ed anzi di allinearsi ad essa. Lo stesso Giappone, dopo essere divenuto uno degli stati costituzionalmente più pacifisti del mondo, e dopo aver rotto da tempo (più o meno dall'amministrazione Clinton) i rapporti idilliaci con gli USA, potrebbe decidere di non fronteggiare la Cina ed accettarla come stato guida.



Il recente incontro tra Hu Jintao, capo del Partito Comunista Cinese, e Wu, capo del governo di Taiwan, sembra togliere un altro storico contrappunto regionale dalle mani dell'Occidente. Se il processo di allineamento alla nuova nazione egemone dovesse continuare (il che non è scontato, ma possibile), la Cina aumenterebe il suo potere, senza aver compiuto nessun passo in avanti nè sui più elementari diritti umani nè sulle libertà democratiche.



In questo quadro preoccupante, chi potrebbe giocare meglio e con tranquillità la sua carta è la Russia, che diventerebbe decisiva per gli equilibri mondiali. I nostri problemi con la Russia sono, in ordine di gravità, sostanzialmente i seguenti quattro: la Nato che tende ad includere Paesi sempre più ad Est; la questione dello scudo spaziale americano; l'appoggio della Russia all'Iran fondamentalista; le diatribe sui possedimenti artici.



Sono tutte questioni su cui un accordo si può trovare, a patto però di ribaltare completamente la nostra visione del Paese di Putin: non dobbiamo raggiungere una tregua momentanea e sospetta ad entrambi, ma realmente cambiare la Storia, onestamente sentirci alleati ed amici. Un punto che potrebbe giocare a favore di tale scelta bilaterale è l'interesse comune di Occidente e Russia a combattere il terrorismo islamico: è evidente che il civettare di Putin con Ahmadinejad non rappresenta una strategia a lungo termine, ma solo un dispetto stizzito che risponde al progetto americano di uno scudo spaziale.



Altro alleato "per convenienza comune" dell'Occidente potrebbe essere l'India, ma in questo caso bisogna stare attenti a non perdere il Pakistan, che sta faticosamente ma in maniera promettente evolvendo verso una democrazia più consapevole e meno soggetta ai colpi di kalashnikov (in questo senso la morte violenta della Bhutto è testimonianza proprio della paura profonda dei fondamentalisti di perdere il Paese).






Tutti i discorsi fin qui fatti però valgono assai poco senza una premessa fondamentale: l'Occidente deve agire unito. Lo scacchiere internazionale non è più nelle nostre sole mani, e sono parecchio lontani i tempi in cui la Gran Bretagna imponeva alla Cina trattati commerciali. Non siamo più in grado di controllare tutto e rispetto a potenze come la Cina siamo addirittura in declino: per questo motivo l'Europa deve evitare particolarismi da vetrina, antamericanismi di riflesso più che di riflessione. L'asse Schroder-Chirac, che negli ultimi anni si era opposto con la puzza sotto il naso alla potenza USA, non è stato in grado di proporre nessuna linea di politica estera alternativa, nessuna strategia di lotta al terrorismo islamico alternativa, nessun piano di sicurezza per Israele alternativo, nessun processo di pace mediorientale alternativo. Di fronte a ciò, l'unilateralismo americano è da condannare, ma è quanto meno un po' più comprensibile.



Se non vogliamo tra due generazioni ritrovarci ad obbedire ai diktat internazionali della Cina; se non vogliamo fra tre generazioni ritrovarci non più padroni a casa nostra, sconfitti nella guerra al terrorismo e all'invasione islamica, allora dobbiamo agire uniti: dobbiamo riappropriarci della nostra identità occidentale e concordare con il nostro stato guida, gli USA, posizioni comuni (e, quindi, più forti) su ogni questione di rilievo.



Il che non vuol dire inasprire necessariamente i rapporti con tutto il resto del mondo, o lanciarsi in folli dichiarazioni di arrogante supremazia, anzi tutto il contrario: significa essere duri con chi non vuole il dialogo (vedi Iran), ma contemporaneamente aprirsi a chi lo desidera. Aprirsi per esempio alle esigenze dell'America Latina, nostra alleata naturale per cultura e tradizione; aprirsi per esempio alle richieste di maggiore aiuto che vengono da quella parte del mondo islamico che sta faticosamente costruendo tentativi democratici (Afghanistan, Iraq, ma anche Pakistan, Libano, Egitto); aprirsi per esempio, come ho già scritto sopra, alla Russia, nazione che se dalla nostra parte potrà far abbassare i toni e far rivedere i progetti imperialistici alla Cina.



Ma ancora una volta lo ribadisco: tutto questo andrà fatto uniti. Europa e Stati Uniti da soli solo più deboli, mentre uniti si completano a vicenda.


L'Occidente non è perfetto, ma porta avanti valori che vanno preservati; l'Occidente non è sempre coerente, ma è l'unica civiltà a credere in diritti inviolabili che toccano ogni uomo, di qualsiasi cultura.




L'Occidente è uno, e solo unito può vincere le sfide del domani.










Old Whig








mercoledì, maggio 28, 2008

Per un Conservatorismo Liberale italiano.



"L'Idea" è un sito fondato da Andrea Pelfini, che raccoglie aspettative, riflessioni, proposte, inchieste, recensioni ed articoli scritti da giovani che condividono i valori di un Centrodestra saldamente ancorato alla Storia del nostro Paese e della nostra civiltà occidentale.

Dopo una pausa dovuta a problemi tecnici, questo interessante spazio di discussione riapre i battenti e lo fa pubblicando, tra le altre cose, un mio elaborato che cerca di rispondere a una domanda decisiva: se volessimo far nascere un Conservatorismo Liberale italiano, da dove dovremmo partire?
Per chi vuole leggere la mia proposta, che è frutto anche delle stupende esperienze (umane prima che politiche o culturali) fatte tra i giovani di Magna Carta e di Forza Italia, il link è questo.


Ovviamente i commenti e le critiche (se costruttive) sono più che graditi.



Old Whig






Change? No thanks.









Barak Obama non mi dispiaceva particolarmente: di certo lo preferivo alla Clinton; e lo mettevo addirittura sullo stesso piano di John McCain.

Ma le sue indecisioni nel liberarsi dell'imbarazzante reverendo Wright (quello che tra le altre cose insultava gli italiani) mi avevano infastidito. Ora Obama, che nel frattempo ha finalmente ipotecato la nomination, ha combinato un pasticcio a causa del quale mi schiero definitivamente dalla parte di McCain.

Alla fine l'inesperienza si paga; e se all'inesperienza si aggiunge l'arroganza si ottiene il guaio in cui si è cacciato Obama. Il candidato democratico alla presidenza, durante l'ennesimo confronto tv con la Clinton, è stato incalzato da alcuni giornalisti a spiegare meglio cosa intendesse con i suoi ripetuti accenni alla necessità di un dialogo con l'Iran sulla questione delle armi nucleari; il senatore di colore, innervosendosi, ha risposto pronunciando le disgraziate parole "without preconditions". Le preconditions sono gli accordi preliminari senza i quali nessun incontro tra capi di stato (a maggior ragione se con rapporti tesi) è possibile.


A seguito della gaffe, Obama non ha voluto ammettere l'errore ed anzi ha deciso di ricostruire tutta la sua proposta di politica estera! Nei giorni seguenti ha scomodato addirittura la Storia per giustificarsi, chiamando in causa gli esempi di Kennedy, Nixon e Reagan.
Di male in peggio! Obama dovrebbe ripassare un pochino la Storia: il colloquio di Kennedy con Krushov fu un disastro proprio perchè affrontato senza aver concordato prima i termini dell'accordo e portò il mondo intero dritto dritto alla Crisi dei Missili di Cuba, sull'orlo della Terza Guerra Mondiale! I colloqui di Nixon con la Cina e di Reagan con i Sovietici furono invece esattamente il contrario di ciò che afferma Obama, poichè furono preceduti da intense contrattazioni e resi possibili da preconditions molto chiare (addirittura Reagan impiegò anni per raggiungere l'accordo, tanto che il suo incontro con Gorbachev fu possibile solo durante il suo secondo mandato!).


Insomma, Obama sembra non essere pronto a guidare la Nazione più potente della Terra e sembra troppo inesperto riguardo i meccanismi diplomatici. Oltre a ciò, pare pure troppo arrogante per ammettere i propri errori. Per sua fortuna, la gigantesca gaffe avviene troppo tardi perchè la Clinton possa approfittarne.
Tuttavia chi ne approfitterà certamente sarà McCain, il veterano del Vietnam che proprio in politica estera ha esperienza da vendere.

A questo punto, vista la disastrosa piega presa dalle idee di Obama, il mio endorsement per il senatore dell'Arizona candidato dei Repubblicani è totale.


Forza McCain!







Old Whig






lunedì, maggio 26, 2008






L'unità dell'Occidente, nel sacrificio comune.








Alla fine della Guerra Fredda, lo scenario mondiale è cambiato radicalmente, ponendo nuovi interrogativi e nuovi pericoli. Se molti degli interrogativi rimangono aperti, almeno uno dei pericoli è purtroppo esploso con violenza, costringendoci a reagire per assicurare alla nostra civiltà la sopravvivenza.

Già all’inizio degli anni ’90, Bernard Lewis, uno dei maggiori studiosi dell’Islam, parlava con preoccupazione di un crescente “furore musulmano contro la nostra tradizione ebraico-cristiana, il nostro presente laico e l’espansione a livello mondiale di entrambi”. Purtroppo i drammatici avvenimenti dell’inizio di questo millennio gli hanno dato ragione: è da tempo in atto una guerra tra civiltà, che sfruttando la Rinascita religiosa islamica e l’esplosione demografica nel mondo arabo incanala odio contro l’Occidente, visto non solo come uno sfruttatore economico, ma anche e soprattutto come un inaccettabile modello di sviluppo democratico, laico, liberale.
Questo conflitto, sfociato negli attentati dell’11 settembre ma anche in quelli di Madrid, Londra e Beslan, non l’abbiamo iniziato noi, ma non è possibile fare a meno di combatterlo; nell’affrontare la questione, non dobbiamo dunque sentirci autorizzati ad abbandonare i nostri stessi principi morali, ma non possiamo nemmeno annegarci in sensi di colpe che non abbiamo o in terzomondismi inutili e fuori luogo.


Il sacrificio degli USA nella guerra al Nazismo islamico ci riguarda profondamente e coinvolge il futuro dell’umanità intera.
Molti sono stati gli errori di metodo e strategici, ma la strada intrapresa ha dato anche soddisfazioni non piccole ed abbandonarla ora sarebbe follia. In Afghanistan ed Iraq sono nate due democrazie; deboli certo, ma vorrei che qualcuno mi indicasse una sola democrazia occidentale la cui nascita non sia stata difficile, lunga, inizialmente in bilico. In Iraq, teatro di un conflitto post-guerra davvero spaventoso, il peggio sembra passato e la nuova strategia del “surge” sta dando risultati ottimi in termini di sicurezza, tanto che nell’ultimo anno l’80% delle famiglie che avevano abbandonato Baghdad sono tornate a ripopolare la capitale.
Le reazioni violente del fondamentalismo islamico all’avvento della democrazia non sono finite e non ci illudiamo: certamente altro sangue innocente sarà versato. Ma questo avviene proprio perché gli estremisti temono come la peste che la popolazione locale respiri aria nuova, esca dallo stato di imbarbarimento e di sottomissione a cui è stata abituata, e si liberi dal giogo sociale di una teocrazia tirannica.

Lo scenario più promettente è l’Afghanistan, che dopo essere stato liberato e dopo aver conosciuto l’avvento della democrazia si trova impegnato in due sfide ardue quanto fondamentali: la crescita economica e sociale, unica base su cui potrà consolidarsi la nuova struttura dello stato; e la sconfitta definitiva delle sacche di resistenza dei Talebani.
I due obiettivi vanno evidentemente a braccetto, e proprio per questo si sta affiancando al supporto militare quello umanitario e civile.
La missione italiana in Afghanistan sta compiendo un ottimo lavoro, ma come spesso accade regole d’ingaggio ridicole le impediscono di cooperare in maniera attiva alla battaglia che si svolge nel Sud del Paese.
Ora che è terminato il periodo delle vergognose equidistanze dalemiane, ora che si può tornare a parlare di buoni e cattivi, ora che siamo nuovamente col piede in una sola staffa, si può pensare di cambiare le regole: i nostri soldati sono pronti ad assumersi responsabilità maggiori, facendo quello che fino a questo momento è stato loro impedito.
Il Ministro Frattini in questi giorni ha parlato della questione e ha manifestato la disponibilità dell’Italia ad essere maggiormente flessibile e, quindi, a cambiare il ruolo dei nostri ragazzi da belle statuine a forza di attacco, per collaborare a ripulire il Sud dell’Afghanistan e a garantire l’impermeabilità del confine col Pakistan.
Sempre il Ministro Frattini si era dimostrato a cavallo delle elezioni particolarmente attento alla situazione in Libano: anche qui siamo impegnati in un compito difficile con regole d’ingaggio da guardia e ladri. In questo caso però il problema non riguarda solo noi, ma l’intera missione UNIFIL, che in questi mesi ha dimostrato tutta la sua impotenza di fronte al costante riarmo di Hezbollah, attuato dalla Siria e finanziato dall’Iran.

La speranza è che la situazione migliori sia in Afghanistan sia in Libano, perché azioni decise e coordinate sono l’unico modo per arginare il tentativo dei fondamentalisti islamici di terrorizzare la popolazione e rigettare la democrazia.



Più in generale, spero che a partire da novembre, se il nuovo Presidente USA sarà McCain, si formi quella solida alleanza di tutte le democrazie occidentali che sola può lavorare per garantire sia la sicurezza di Israele e la stabilità dello stato palestinese, sia il rafforzamento delle istituzioni democratiche in Libano, Afghanistan ed Iraq, sia un maggior rispetto dei diritti umani a livello planetario.
Questa alleanza occidentale, che negli ultimi anni è mancata a causa della spavalderia di Bush e dell' antiamericanismo di qualche narcisista nazione europea, è la sola speranza che abbiamo di vedere a breve qualche anche solo minima riforma costituzionale delle ormai sempre più malate Nazioni Unite. Gli ultimi eventi in Birmania hanno palesato ancora una volta la debolezza dell’ONU, incapace di imporsi ad un piccolo ma terribile regime dispotico ed antiumano. In particolare, la presenza della Cina nel Consiglio di Sicurezza ed il suo potere di veto le assegnano un ruolo per il quale non sembra pronta, come si può ben evincere non solo dalla sua politica estera (protezione della giunta birmana, coinvolgimento nella pulizia etnica in Darfur, ecc.), ma anche dal suo stesso assetto interno, che non garantisce né le più elementari libertà democratiche né il rispetto dei diritti umani.

Di fronte a tutti questi problemi, alle sfide del futuro e ai nuovi assetti mondiali post-Guerra Fredda, solo se coeso ovvero stretto attorno al suo stato guida (gli USA) l'Occidente può essere una forza di pace e di giustizia più coerente, più efficace, più forte.








Old Whig







venerdì, maggio 23, 2008



Finalmente!



Finalmente la giunta militare comunista che tiene in pugno la Birmania ha acconsentito all'ingresso degli aiuti umanitari e dei volontari, che attendono da settimane di poter raggiungere le zone colpite dal ciclone Nargis. Ma quante morti, quante sofferenze è costato questo ritardo vergognoso? E quanti ostacoli e divieti continueranno a subire i soccorritori una volta all'interno del Paese?
Ancora una volta esprimo il mio disgusto.

Old Whig

giovedì, maggio 22, 2008


10 e lode.







Con il primo Consiglio dei Ministri, Berlusconi mantiene tutte le prime promesse fatte in campagna elettorale: il luogo in cui si svolgono riunione e conferenza stampa seguente è Napoli; proprio all’emergenza rifiuti della regione Campania è dedicato un decreto in 17 punti che affronta la situazione; il pacchetto sicurezza (due decreti, un decreto legge ed una proposta di legge con via preferenziale) è immediatamente approvato e sarà operativo entro un mese; viene abolita completamente l’ICI sulla prima casa (con l’esclusione di castelli, ville ed abitazioni di lusso); è liberato dalla tassazione tutto il lavoro straordinario dei dipendenti privati con reddito inferiore ai 30000 euro.

Scendendo nei particolari, per cercare di risolvere l’immondezzaio vergognoso creato a Napoli da anni di raccolta differenziata inesistente ed amministrazione locale bassoliniana: 1) viene nominato responsabile straordinario il dott. Bertolaso, che si era dimesso dalla stessa carica per conflitti con Pecoraio Scanio (il Ministro dell’Ambiente del governo Prodi che mentre Napoli affondava nella cacca regalava soldi italiani per costruire discariche in Kenya e termovalorizzatori in Romania!); 2) viene dichiarato zona di interesse strategico (e quindi sottoposta a sorveglianza militare) ogni sito per lo smaltimento dei rifiuti nella regione; 3) si procede alla definitiva costruzione del termovalorizzatore di Acerra; 4) si invita il sindaco di Napoli ad indicare entro 30 giorni un sito per la costruzione di un nuovo termovalorizzatore.

Oltre a tutte queste promesse mantenute e alle ottime decisioni prese in materia di sicurezza (non solo per quanto riguarda la lotta alla clandestinità, ma anche per la lotta alla mafia, con una norma che consente la confisca rapida dei beni ottenuti mediante attività criminale), il governo appena entrato in carica ha poi colto un inatteso successo, ottenendo a sorpresa un accordo con l’ABI, cioè con tutte le banche italiane, che se gestito bene nei dettagli potrebbe portare un enorme vantaggio alle tasche di molti cittadini in difficoltà, e senza nessun esborso da parte dello stato: si tratta di un accordo ottenuto esclusivamente tramite moral suasion, che prevede la possibilità per chi ha contratto un mutuo a tasso variabile di tramutarlo gratuitamente in mutuo fisso col tasso del 2006. Si calcola che una famiglia con mutuo complessivo di 80000 euro potrebbe arrivare a risparmiare quasi 900 euro all’anno. Questo ottimo risultato è certamente stato raggiunto anche attraverso le pressioni del Ministro dell’Economia Tremonti, che ha rinviato la stretta fiscale su assicurazioni e banche.


L'opposizione, di fronte a provvedimenti di indiscutibile necessità e ad altri che alleviano le difficoltà econimiche dei lavoratori e delle famiglie, è presa in contropiede e si frantuma, anche all'interno dello stesso PD, tra chi elogia sottovoce il governo e chi ancor più sottovoce lo critica (col rischio di far la figura di quelli che si oppongono ai bisogni reali della gente).
Quindi Berlusconi sembra aver compiuto l'impresa di svolgere un buon lavoro e mettere contemporaneamente in fuorigioco la Sinistra.

Tirando le somme, è stato un primo Consiglio dei Ministri eccellente, sulla linea di quella politica del fare che ha portato il Centrodestra alla vittoria: tutte le situazioni più urgenti sono state affrontate, tutte le promesse sui primi provvedimenti mantenute (come già era stata mantenuta la promessa di un esecutivo snello e giovane). E, come ciliegina sulla torta, è arrivato l’inatteso accordo con le banche, a tutto vantaggio delle famiglie in difficoltà.


Il lavoro del nuovo governo è dunque iniziato nel migliore dei modi.
Staremo a vedere cosa riserva il futuro.






Old Whig